
Quel che conta è la prestazione, non il risultato!
- By antonella
- On 26 Mar, 2017
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- Tag:allenamento, bambini, coaching, drop out, genitori, risultati, sport, sviluppo, vittoria
“Vai … e Vai, TIRAAAAAAA ….. noooooo….. ma che c’hai al posto dei piedi!!!!!”
A chi frequenta il bordo campo di calcio di squadre giovanili locali queste parole non suoneranno estranee.
E’ comune sentire urla del genere da parte di alcuni genitori quando in campo ci sono bambini di neanche 10 anni. Bambini che frequentano con gioia l’ambiente sportivo fino a quando correre dietro un pallone è un gioco, un momento di divertimento con gli amici e non un obbligo. L’obbligo di segnare un goal, altrimenti: “Che ti porto a fare a calcio?” continua il genitore ignaro nello spogliatoio!
Questi genitori sono ignari del fatto che con il loro atteggiamento stanno decretando il fallimento sportivo del figlio, e stanno innalzando notevolmente la probabilità che quello stesso figlio addirittura abbandoni lo sport (drop out).
Il peso del dover fare, del dover “segnare”, del dover vincere, del dover essere il più bravo della squadra è un peso troppo grande per un bambino! Come fosse una scimmietta fastidiosa sulla spalla, meglio sbarazzarsene!
Il “drop out”, ovvero l’abbandono della disciplina praticata, è sempre più diffuso. L’agonismo esasperato, i genitori e gli stessi allenatori, più concentrati alla vittoria che alla prestazione in sé, inducono i bambini, non appena saranno adolescenti, a dire basta. Tutto ciò infatti non contribuisce a fornire al bambino/atleta la giusta motivazione ma piuttosto la motivazione dell’accontentare l’adulto di turno.
E’ verso i 14 anni che circa il 33% di ragazzi che hanno praticato per alcuni anni una stessa disciplina sportiva, abbandona, come un esercito che si disperde prima di affrontare le numerose battaglie di una guerra che si prospetta troppo impegnativa. La guerra per la vittoria, il prestigio, il denaro, l’essere il numero uno, sempre.
Non ci dimentichiamo che tutto ciò avviene proprio nella fase della crescita in cui ogni cosa, anche la più banale, sale su un livello esistenziale e l’ambiente sportivo dovrebbe fornire un supporto psicologico piuttosto che il contrario.
Essendo il fenomeno drop out un fenomeno in crescita viene da chiedersi se il crollo dei valori a cui stiamo assistendo a livello sociale possa essere causa del degrado anche dell’ambiente sportivo, o meglio della parte adulta dell’ambiente sportivo.
Perché i giovani, oggi, non amano l’agonismo esasperato che caratterizza le persone adulte bensì amano lo sport dal volto umano, dal cameratismo da spogliatoio.
E’ comunque corretto dire che esistono Società dove la compagine sociale e degli allenatori lottano quotidianamente, come educatori attenti, contro simili degenerazioni. Dove la vittoria non è tutto e dove il sorriso di un bambino che ha perso conta più di un posto ai vertici della graduatoria del torneo amatoriale di periferia!
La regola per non bruciare le potenzialità dei nostri piccoli campioni è concentrarsi sulla prestazione e non sulla vittoria. Il bambino deve sapere che perdere avendo dato il proprio massimo è meglio che vincere con una prestazione inadeguata. Ciò a cui ogni atleta dovrebbe tendere è dare il massimo di sé sempre. Quando non ci si focalizza sulla vittoria è la vittoria stessa a verificarsi come per magia.
Una pratica più divertente, meno agonistica e stressante può sicuramente garantire una permanenza duratura nella Società Sportiva. Il divertimento è una garanzia di costanza e quindi, se ci sono anche i requisiti in termini di predisposizione fisica, abilità tecnica e passione, è una garanzia di successo!
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